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Alex Majoli - Leros
Di mauro (del 07/10/2005 @ 01:31:27, in Link, linkato 4046 volte)

Ho comperato allo stand della libreria micamera  a portfolio in piazza il libro di Alex Majoli "Leros". 

ed: West Publishing Zone, 1999
Copertina morbida, 15 x 21 cm
Fotografie b/n
Lingua italiana

Libretto di testo allegato
euro: Euro 15,00

Dice il commento:

Un reportage nell'isola greca di Leros, per oltre 20 anni tristemente nota per ospitare uno dei più brutali ospedali psichiatrici al mondo.
Il fotografo, membro dell'agenzia Magnum, ha testimoniato il ritorno di questo luogo ad una apparente situazione di umanità, grazie anche all'apporto di un team di psichiatri italiani che per primi, nel 1990, hanno fatto irruzione nella clinica denunciando la pietosa e sconvolgente situazione di degrado.

Allegato , il racconto "Leros, piccola isola del Dodecanneso, vicino alla costa Turca" di Maurizio Costantino, che racconta la storia di Vassili, paziente del manicomio, che vuole tornare al suo villaggio ....

Il libro e' bellissimo ed il prezzo davvero abbordabile, ve lo consiglio vivamente. Ho anche scoperto che Leros di Alex MAjoli e' anche un sito dove potete vedere molte foto, alcune non presenti nel libro e leggere dei testi. Visitatelo, vi do' un assaggio:

" So che questa è un’altra storia di matti, tanti matti, all’inizio erano più di 4000.

So che Leros significa sporco e che lo sporco chiama sporco.

So che arrivarono sull’isola da ogni parte della Grecia, scelti tra i casi più gravi e irrecuperabili degli ospedali psichiatrici.

So che vennero messi in una ex base militare dell’isola già usata come carcere per i detenuti politici.
So che nel nuovo manicomio cominciarono a lavorare gli stessi abitanti dell’isola. So che la storia di Leros si confuse presto con quella del suo manicomio e so che il mondo non lo sapeva.

So che dentro al manicomio di Leros non si viveva,
si sopravviveva.
So che i matti cominciarono a morire di ogni genere di morte, uno dopo l’altro e chi resisteva irrobustiva la struttura, sviluppava anticorpi per ogni malattia esistente.
So che morire era una questione statistica.
So che morire era il minore dei mali, era molto più difficile vivere.

So che molti si uccidevano buttandosi nel mare che era lì, proprio sotto la finestra.
So che anche il suicidio era roba da matti e faceva parte delle statistiche.
So che passarono trent’anni di storia e capovolgimenti di governi, il mondo partorì guerre e le fece crescere ma
a Leros non cambiava nulla e nessuno pensava di poterlo cambiare.
So che la Grecia entrò in Europa e cercò in tutti i modi di buttare via i suoi scheletri custoditi negli armadi.
So che un giorno arrivò un giornalista della BBC e la sua telecamera mostrò al mondo che cosa succedeva nel manicomio di Leros.
So che il mondo vide, perché a quel punto voleva vedere,
e confuse il manicomio con uno zoo.
So che parlarono molto e dissero che i matti morivano, dissero che i matti vivevano al freddo, dissero che i matti non erano curati, dissero che venivano lavati con getti
di acqua fredda estate e inverno.
So che il manicomio di Leros fu definito
il peggiore del mondo.
So che nel 1990 la Comunità Europea finanziò un progetto finalizzato alla radicale trasformazione del manicomio affidando il coordinamento del progetto ad una equipe di psichiatri e operatori di Trieste, molti dei quali affiancarono Basaglia nella lotta antimanicomiale.
So che accanto ai triestini lavoravano giovani olandesi e greci. So anche che nel 1990, al loro arrivo nel manicomio trovarono 350 persone, ognuno con lo sguardo rivolto verso un proprio mondo, incapaci di tenere ferma la mano dentro a quella di chi gli porgeva la sua.
Trovarono i morti del giorno prima e li seppellirono. Cominciarono a lavorare fianco a fianco con i guardiani del manicomio, si scontrarono con i loro continui tentativi di boicottare il lavoro non tanto per malevolenza quanto per ignoranza.
Tra gli operatori c’erano molte donne ed era difficile far sentire la propria voce a uomini cresciuti a Leros, piccolo punto di terra dello Stato più a sud dei Balcani. Iniziò il gioco di far finta di collaborare, di far finta di aver bisogno del consiglio di chi lavorava in manicomio da trent’anni.
So che il lavoro prese il via nel padiglione 11, il più numeroso del manicomio di Leros. Uomini forti come tori perché nell’11 c’erano solo uomini che urlavano quando qualcuno cercava di insegnargli a mettere i pantaloni e una maglia, uomini che non volevano dormire nei letti, uomini che non sapevano mangiare in altro modo se non con la bocca affondata dentro a secchi di cibo.
C’erano uomini che sbattevano la testa contro il muro e le proprie ginocchia tutto il giorno, tutti i giorni, da trent’anni ed erano gonfi come palloni e piano piano, ancora più piano, con dolcezza e divertendosi, con tutto il tempo che occorreva qualcuno cominciò a stare accanto a Pavili, mentre batteva la testa e a prenderlo sotto braccio per fargli fare due passi. Qualcun altro passò ore seduto a tavola per insegnare ad usare la forchetta e ad infilzare solo il cibo. Ci furono lettere e telefonate per autorizzare uno stanziamento di soldi per i piatti, di carta perché nessuno si facesse male e i bicchieri e le posate e le scarpe, e i letti e le lenzuola e tutto quello che in manicomio non arrivava mai.
Leros, la sporca, fu pulita con sapone e detersivo e il profumo si sparse per tutto il manicomio, tutta l’isola tanto che qualche guardiano scoprì che così era meglio, lavorare era più piacevole. Tutta questa nuova gente arrivata a fare la barba, mettere i vestiti, assegnare i letti con etichette che indicavano il nome di chi vi avrebbe dormito, tutto quel girare di motorini nell’isola di giovani impegnati a vivere dentro a loro storie slegate o forse totalmente connesse con il manicomio, tutto quell’improvviso rumore fatto di radio accese e schiamazzi, il pesce pescato e subito cotto e mangiato, le notti di luna piena che facevano brillare le case, gli occhi, i cieli e i matti si interruppe di colpo nel 1993 in seguito a gravi problemi amministrativi e di gestione del progetto.
Lo so e so che durò un solo anno e poi tutto ricominciò più forte di prima...." (Laura Facchi)

LEROS - di ALEX MAJOLI