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Purtroppo con ritardo vi annuncio il Toscana Foto Festival
Di mauro (del 17/07/2004 @ 14:08:40, in Mostre, linkato 1493 volte)

Gli eventi finiscono questo weekend ma le mostre durano fino al 15 agosto

Segue l'elenco mostre dal sito ufficiale: http://www.toscanafotofestival.com/

Toscana Foto Festival 2004: le mostre

Quest’anno, al Toscana Foto Festival, mostre fotografiche tra le più significative a livello nazionale ed internazionale: Fontana, Galimberti, Castello-Lopes, Cito, Ferrato, Kirkland, Harari, Stefanelli, Sorlini, Ferrari, Lions, Berengo Gardin, Zizola. Inoltre, i vincitori 2003 del Premio “Le Logge”, di “Ambiente Italia”, “Alberobello fotografia” “Internazionale di fotografia”. Mostre di grande spessore culturale ed artistico, capaci di trasmettere emozioni, sensazioni, pensieri. Come nella pagine di un libro l'autore pone la sua personalità ed il suo modo di vedere il mondo, ed il lettore vi ritrova tutto se stesso e il "suo" modo di vedere il mondo, allo stesso modo una fotografia sa insieme comunicare ed ascoltare. Dal 4 luglio al 15 agosto 2004 a Massa Marittima, un'occasione stimolante per un tuffo nell'arte e nella cultura, immersi in una delle più belle e caratteristiche città d'Europa.

  Franco Fontana, "People"
Persone. Normali, abbigliati normalmente in città normali, privi di altri connotati che non siano quelli della normalità. E' una ricerca parallela a quella sua più nota sul paesaggio, una ricerca che ha preso avvio nei primi anni Ottanta e che continua ancora oggi, senza clamori ma con la precisa coscienza di un lavoro che conosce insieme le certezze della professionalità e gli azzardi della creatività, fuori dalle mode ma dentro il proprio tempo. Fontana è da sempre così e anche in questo ciclo non si smentisce: è tutto li, basta guardare, "rendere visibile il visibile" come dice lui; eppure in questa operazione di ripresa apparentemente oggettiva del reale è anche presente quella parte d'interpretazione che mai può mancare alla fotografia. Allora, guardando un poco oltre la superficie, non è difficile notare come queste persone siano, molto spesso, immerse in una solitudine che è tipica della folla; come se il numero, rendendo massa, portasse come conseguenza ineluttabile l'isolamento, poco importa se ricercato o imposto. E nemmeno può sfuggire, in queste immagini, il gioco della luce, o per meglio dire delle luci, naturali, eppure scelte in chiave espressiva, a rendere per intero l'anomalia di una situazione normale, la possibilità - che è tipica della fotografia - di trasformare la realtà in qualcos'altro, in una visione; di trasformare insomma il mondo nel teatro del mondo. Allo stesso tempo non è questione, qui, di street photography o di qualsivoglia altro appellativo, più o meno à la page si voglia applicare alle immagini, è questione di un soggetto, la figura umana, che appartiene alla storia della fotografia e con il quale, prima o poi, tutti i fotografi si misurano. Persone normali, senza dubbio, normali come un paesaggio. Dipende dal fotografo. Walter Guadagnini

  Maurizio Galimberti, "Viaggio in Italia"
Maurizio Galimberti attraversa l'Italia a bordo di una "scattante" polaroid per scoprire persone, momenti, e luoghi che rappresentano il nostro paese nelle sue più intime manifestazioni. Il risultato, pletorio e malinconico, partecipe e tenero, è visibile in un volume edito da Logos, dal titolo "Viaggio in Italia". Viaggio che, idealmente, sarà possibile ripercorrere attraverso la mostra in esposizione al Toscana Foto Festival 2004. Un approccio inconsueto alla geografica delle situazioni, dei volti e della geografia, rinnovati dallo sguardo e dalla fantasia di Galimberti. "Paris 23/08/2003
Mi piace pensare alle mie fotografie "MADE IN ITALY"… mi viene in mente Denis Curti e il nostro viaggio a Fontanellato… con il condizionatore acceso… il rumore sicuro del turbo diesel… il silenzio discreto di Giorgio… il primo importante (1992) lavoro in Sicilia con Enzo Barbarino… Sono a Tropea una 500 Fiat con Nino D'Angelo a manettone… un terrazzo con le sedie gialle e il mare blu… un bimbo… mi sento vivo… dentro la vita… dentro il "bello del vivere"… due ragazzi in Vespa 'volano' felici… Sono ad Alberobello… Napoli… Roma… Sono nella campagna toscana… (…)" M. G.

  Gerard Castello-Lopes, "Vedere, il sogno di una vita"
A cura di Alberto Moioli (sintesi liberamente tratta da)
La peculiarità di Gérard Castello-Lopes sta nella sensibilità spiccata ad immortalare quell'attimo di tempo in cui i soggetti ripresi pare rivelino tutto di loro stessi, il carattere, i sentimenti ed i pensieri, dando all'osservatore l'impressione di essere coinvolto nella stessa scena. Su tutto, uomini, oggetti bambini e vecchi, porta una straordinaria sensazione di serenità e di umanissima ironia a cavallo tra l'opera di Erwitt e la decisione di Bresson di cui lo stesso Gérard Castello-Lopes si dichiara apertamente allievo. "Ricordo il mio maestro Henri Cartier Bresson - rivela Lopes - quando citava la frase del Cardinale di Retz NON C'È NULLA IN QUESTO MONDO CHE NON ABBIA IL SUO MOMENTO DECISIVO, e se per tutto, in questa vita, esiste un momento decisivo, esso, in quanto tale, determina un taglio; un prima e un dopo". (…) La mostra fotografica è ricca di immagini dove la componente poetica ben si accosta a quella vena pittorica che rende l'esposizione ancor più ricca di emotività. Immagini di straordinaria ricchezza formale, di eccezionale forza espressiva che permettono di imporsi con il tono decisivo dei classici della storia della fotografia. La capacità evocativa e narrativa di Gérard Castello-Lopes rende l'esposizione unica nel suo genere. (…)

  Francesco Cito, "Matrimoni napoletani"
Per tre anni, il reporter ha battuto Napoli, la sua città d'origine, trasformandosi in un inaspettato fotografo di matrimoni.Documenta così la sontuosità dei matrimoni napoletani in stridente contrasto con gli sfondi degradati della realtà urbana e sociale. Cito si è infilato in quei cortei, in quei banchetti, in quelle prove d'abito con il suo occhio in bianco e nero. Ne è uscito un reportage così diverso dal solito, così simile al solito.Per questo originale lavoro nel 1995 il World Press Photo Contest gli conferisce il terzo premio.

  Donna Ferrato, "AMORE"
Un lavoro sviluppato come work in progress durante gli ultimi cinque anni, dalla celebre fotografa americana meglio conosciuta per "Living with the enemy", best-seller sulla violenza domestica negli Usa, esposto in tutto il mondo e pubblicato in diversi paesi. Una selezione di immagini che scandaglia il tema dell¹amore visto in tutte le sue possibili declinazioni e sfumature: erotismo, sessualità, sentimento materno, passione di coppia. Un viaggio intimo ed emozionante che ritrae gente comune in situazioni quotidiane e estreme, cogliendo le infinite armonie e disarmonie dell'amore. La mostra è realizzata in collaborazione con la Galleria Grazia Neri. Donna Ferrato è rappresentata in esclusiva dall'agenzia Grazia Neri.

  Douglas Kirkland,"Moments"
Una rassegna di ritratti di celebrità del cinema, dell¹arte e dello spettacolo del celebre ritrattista americano copre il periodo tra i primi anni '60 e il 2001. Da Brigitte Bardot a Laura Morante, da John Travolta a Man Ray, da Dustin Hoffman a Marcello Mastroianni. La mostra è realizzata in collaborazione con la Galleria Grazia Neri. Douglas Kirkland è rappresentata in esclusiva dall'agenzia Grazia Neri.

  Guido Harari,"X_Posed"
X-POSED è una sintesi del lavoro di ritrattista a tutto campo di Guido Harari, in Italia e all'estero: dalle grandi star della musica, che ha sempre seguito con infinita passione fin dagli inizi, alle personalità più in vista della cultura, dell'arte, della scienza, dell'imprenditoria, dello sport; fotografate tutte spesso e volentieri fuori dagli schemi, con un occhio ironico e provocatorio. Tra i nomi in mostra Gianni Agnelli, Alberto Alessi, Giorgio Armani, Paolo Conte, Fabrizio De André, Stefano Garzelli, Vittorio Gassman, Joni Mitchell, Ennio Morricone, Francesca Neri, Mimmo Paladino, Josè Saramago, Patti Smith, Tom Waits, Lina Wertmuller.

  Patrizia Savarese, "Specchi d'acqua / 'Luce Liquida' "
A suo modo anche la luce è un pò liquida... nel suo scorrere sulle cose come l'acqua, nel suo allungarsi sul pavimento, o nel crepitare sulle superfici più aspre scomponendosi in frammenti brillanti.. È lenta, immateriale, ritorna sulla terra con scadenze temporali e ha ritmi ondosi come il mare... e ci porta la vita. Quando l'acqua e la luce s'incontrano, il mondo intero si riflette, sospeso attraverso l'aria, che siano nuvole sul mare o palazzi su pozzanghere in città o narcisi sui bordi di un fiume. La luce si specchia nell'acqua che l'assorbe ed insieme scivolano sui corpi come la carezza di uno scultore sul marmo, risvegliando anime nascoste. Lo specchio è la superfice astratta dove tutto si muove e si moltiplica all'infinito. Specchio, luce, acqua, come antiche metafore di ogni riflessione, di ogni trasformazione.

  Umberto Stefanelli,"Un sasso nella scarpa"
Un sasso nella scarpa ovvero casualità quasi fastidiosa, lampo di genio, terribile disagio misto a piacevolezza successiva. Tango, manga, mistomoda e quant'altro la fantasia riesce a catturare in questa sorta di mini antologica più istinto che ragione, più casualità che pensiero. Forse non vi piacerà, ma non vi annoierete di certo. Alla prossima.

  Bruno Sorlini, "Corrida"
La corrida di Bruno Sorlini non è fatta solo di sangue e arena ma vi si può percepire il caldo sole del Mediterraneo che racconta la tragedia. Una piccola traccia di luce diventa il segno ed il sogno della Tauromachia. I colori vibrano in simbioso con il Mito . La sacralità del "toro" scavalca il tempo, così che i banderilleros sembrano inoltrarsi nel labirinto. "Il Minotauro si difese fino all'ultimo", disse Teseo ad Arianna…. Il Mito ci porta i colori della Camargue in una danza ammantata di ritualità. Piero Cavellini

  Giuliano Ferrari, "Luoghi comuni"
In questo lavoro fotografico Giuliano Ferrari intende descrivere una città - la sua città, Reggio Emilia nella quale vive e lavora. Una città è un complesso insieme di cose, di luoghi, di persone e per capirla a fondo occorre una lunga e quotidiana dimestichezza con essa. Per farla conoscere, poi, non è necessario soltanto averne famigliari le caratteristiche, ma occorre scegliere quali mostrare e stabilire fino a che punto approfondirne l'illustrazione. Come tutti sanno "luogo comune", inteso metaforicamente, designa nel linguaggio corrente una banalità, un concetto troppo usato che è bene evitare; nel senso proprio, invece, l'espressione indica uno spazio di uso collettivo. Anche se la ricerca di Ferrari si indirizza prevalentemente verso quest'ultima direzione e sceglie di analizzare l'uso collettivo di alcuni spazi della città, il valore metaforico di "luogo comune" non è assente e si insinua in modo sotterraneo alla base della ricerca, poiché i luoghi che ha documentato nel suo lavoro sono stati in precedenza oggetto di altre indagini fotografiche, di saggi sociologici, di articoli giornalistici e perfino di utilizzo politico, fino a divenire, appunto, "luoghi comuni". Se osserviamo le fotografie ci avvediamo che esiste un'unità di racconto costante anche se si evidenzia una temperata mescolanza della visione diretta, di bressoniana memoria, con lo sguardo venato di surrealismo della fotografia americana degli anni sessanta e di quella europea più recente.(Da un più ampio testo di Massimo Mussini)

  Nathan Lions, "Dopo l'undici settembre"

  Gianni Berengo Gardin, "Antologica"
La mostra ripercorre le principali tappe di un percorso che, lungo più di trent'anni, raccoglie le opere di un tragitto esistenziale e professionale: dalla collaborazione con Il Mondo di Pannunzio ai grandi reportage degli anni più recenti. "Gianni Berengo Gardin aveva poco più di vent'anni, quando cominciò a occuparsi di fotografia, dopo l'infanzia a Santa Margherita Ligure, l'adolescenza a Roma, la gioventù in Svizzera, a Parigi e quindi a Venezia, 'città di immagini', dove probabilmente si precisò questa sua grande, definitiva passione, nel 1954, anno più anno meno; Berengo Gardin dice di aver cominciato proprio allora, ma quello è soltanto l'anno della sua iscrizione al Circolo 'La Gondola' e della pubblicazione delle sue prime foto su 'Il Mondo' di Pannunzio; un pedigree d'eccezione. La 'Bell'Italia' cambiava aspetto nel cuore di tutti, dopo più di cent'anni di fotografia dallo stereotipo iterato, proprio anche mediante le frizzanti, spesso drammatiche, non soltanto dolci, fotografie di Berengo Gardin; fotografie di un sublime bianco-nero, probabilmente l'ultimo bianco-nero, che non è migliore (più 'artistico', azzarda invano qualcuno), né peggiore del colour (più cartolinesco?), ma diverso, è un altro modo di pensare il mondo, il frutto di un'evoluzione culturale, che è contemporaneamente tecnologica, inarrestabile".
Italo Zannier

  Francesco Zizola "African Diary"

Vincitori premio "Le Logge" Toscana Foto Festival 2003
1° cl., Alex Mezzenga "I fantasmi di Ground Zero" N.Y.C. 2003

 Ho vissuto la tragedia dell'abbattimento delle Torri Gemelle come tutti davanti alla tv.Ho diversi amici a New York che mi hanno raccontato, fatto vedere immagini,fatto rivivere le loro angosce, le loro speranze, la loro voglia sempre e comunque di ricominciare, senza nascondersi, arrendersi mai.Risucchiato in quell'incubo per migliaia di persone morte nei modi più shoccanti, arrivato a Ground Zero ho sentito tutte le emozioni e tutte le sensazioni provate nei due anni trascorsi tra racconti, visioni di immagini e ho avuto la sensazione che tutte quelle vittime innocenti fossero intorno a me;che i loro fantasmi si aggirassero nella zona con curiosità,con stupore,con amore per confortare le migliaia di turisti, persone e parenti che ogni giorno vanno a commemorarne il ricordo. Tutta l'area, lì dove un tempo si ergevano le Torri, mi è sembrata alla fine quasi un sogno, non più solo un incubo. Quasi, in un paese patriottico come l'America, un punto di partenza. Alex Mezzenga (Agenzia Iber-Press)

Vincitore Premio "Ambiente Italia" Toscana Foto Festival 2003
1°cl., Samuele Bianchi, "Un viaggio solitario, intimo"

 Il viaggio come metafora della vita, inteso non solo in senso concreto e fisico ma anche in senso simbolico di attesa, desiderio, tensione di conoscenza e ricerca dell'ignoto e al contempo di doloroso distacco, esilio, allontanamento dalla cose note e amate. Volutamente la narrazione fotografica non si sofferma su un luogo preciso nè su una meta raggiunta ma esalta il viaggio in sè, una combinazione di tempo e di spazio sempre diversa e mutevole a seconda dello stato interiore del viaggiatore che, distaccato dalle consuetudini familiari, inzia un suo personale percorso e si trasforma in un osservatore proteso verso l'imprevedibile, il nuovo. Tutto ci indica un andare avanti, un 'dopo'... siamo e potremmo essere. Le città e la distanza che da esse ci separa diventano delle mete, punti di arrivo da raggiungere attraverso diverse strade. I cartelli stradali ci guidano e indirizzano così come l'educazione ricevuta, i mass media e le infinite informazioni che quotidianamente percepiamo. Essi non ci svelano le verità, ma ci indicano solo delle possibili risposte, delle destinazioni. Il viaggio materiale e quello esistenziale si incrociano fino a sovrapporsi ed il mio può incontrare per un momento altri viaggi... del resto, le combinazioni e le dinamiche della vita sono infinite. Samuele Bianchi

Vincitore di "Alberobello Fotografia" 2003
Mattia Insolera, "Vietnam: l'anno della scimmia"

 Quello della Scimmia è un segno sempre in movimento e pieno di energia. Per il Viet Nam, un paese in cui tradizione e modernità convivono rincorrendosi, il 2004 si preannuncia un anno ricco di sfide e cambiamenti.
Il Viet Nam è la nostra coscienza
È la prima frase che ti colpice appena entri al museo della guerra a Saigon; campeggia su uno striscione proveniente da una delle tante manifestazioni contro la guerra americana che scaldavano le piazze italiane negli anni della contestazione (…).
Il blob ideologico è lampante, appare chiaro che la popolazione mal si destreggia tra vecchi idoli e nuovi miti. Mega schermi che si arrampicano sui palazzi trasmettono immagini pubblicitarie a tutto spiano. Come contraltare, bandiere con slogan di propaganda comunista. Giovani griffatissimi intenti allo struscio come se fossimo in galleria Vittorio Emanuele e cyclò trainati da disperati.
Liberamente tratto dalla presentazione di Mattia Insolera

Vincitrice "Internazionale di Fotografia" di Solighetto (Tv)
Antonella Monzoni "Lalibela"
Lalibela é un luogo che non dà spiegazioni, prende e affascina, è un luogo dell'anima.
 Ho raggiunto Lalibela, la città santa cristiana-ortodossa d'Etiopia, chiamata la Gerusalemme del Corno d'Africa, durante la notte dell'Asika (resurrezione), la veglia pasquale del sabato santo.
Nel buio più avvolgente, dentro e fuori le chiese monolitiche che nascono e prendono forma direttamente dalla roccia, ho incontrato pellegrini avvolti nei loro teli bianchi, donne e uomini, deboli del digiuno totale previsto dalla religione, sdraiati o appoggiati al bastone della preghiera, che partecipavano alle cerimonie sacre recitando onde sonore, accompagnate dal ritmo di tamburi e sistri, e da danze rituali. Tutto si svolgeva nelle tenebre, con la sola luce delle candele accese, e si respirava un'atmosfera di profonda religiosità e di estrema suggestione.
Antonella Monzoni

ESPOSIZIONE PER LE VIE CITTADINE:

 Armando Di Loreto, "Voglia di integrazione"
Senza schieramenti e altro, questo progetto vuole raccontare quello che succede intorno al mondo dello straniero dal Nord al Sud dell'Italia per poter raggiungere un minimo di integrazione. Con la speranza che siano le immagini ad arrivare direttamente come spiegazione eloquente alla complessità di una vita che parte dall'impossibile. Armando Di Loreto

 Matilde Montanari, "Proiezione di un desiderio"
"Proiezioni di un desiderio" è il frutto di un lungo percorso interiore di gusto totalmente autobiografico. È animato da una forte progettualità, che ne ha guidato la realizzazione nei mesi che mi hanno vista impegnata in questa "impresa" di raccontare e indagare i miei spazi domestici e privati. Sono convinta che oggi " fotografia " significhi più che mai raccontare, inseguire i pensieri, come anche le ossessioni e le passioni, fino a tentare di darne una spiegazione o quantomeno una dignità in base alla quale valga la pena che tutto questo turbinio di sensazioni venga comunicato e interiorizzato da altri, oltre a noi stessi. In questo progetto, la questione più importante per me era raccontare ciò che i miei spazi, gli ambienti in cui si sono avvicendate le mie esperienze più intime e indimenticabili, hanno significato per la mia formazione personale fatta di affetti e nostalgie. Quel sentimento di appartenenza che mantiene in equilibrio i nostri sensi anche quando tutto sembra vacillare. La nostra memoria storica. Il nostro bagaglio di ricordi, fatto di odori, colori e ogni elemento che rimarrà impresso in modo indelebile per tutto il corso della nostra vita. Ho cercato di descrivere la delicata sensazione che si avverte quando si vivono i propri luoghi come una porzione del nostro io, come una tangibile descrizione del nostro percorso di crescita. La tecnica dell'autoscatto mi ha dato la possibilità di interagire con i miei oggetti, con il mio vissuto, con le atmosfere domestiche in cui amo vivere, rendendo inutile al racconto, ogni altra presenza che non appartenesse a questo quadro autobiografico. La grande difficoltà è stata quella di lavorare come un reporter fra gli ambienti che amo e che più mi rappresentano, ma che sopratutto, sono abituata a vivere e vedere in ogni momento, fino a leggerli, talvolta, senza curiosità. Credo che la curiosità migliori le persone e che il desiderio di appartenere al proprio passato, sia un enorme privilegio per chi ha voglia di inseguirlo. Matilde Montanari

 Sara Munari, "Appunti muti dalla soffitta"