La
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta
dal 6 aprile al 28 maggio 2006 una mostra personale dedicata a
Mario Finazzi, importante esponente della fotografia italiana del dopoguerra.
La mostra
La GAMeC presenta al pubblico i materiali conservati nell’
Archivio Fotografico di Mario Finazzi, che il museo ha acquisito in comodato nel 2003, in una mostra a cura di
Maria Cristina Rodeschini Galati (Direttore d’Istituto della GAMeC) e
Italo Zannier (storico della fotografia). Si tratta di uno dei pochi archivi fotografici d’autore italiani intatti nei significativi materiali che lo compongono – circa 1500 negativi, 900 positivi e 800 diapositive - databili dalla fine degli anni venti fino agli anni sessanta, una produzione fotografica che culmina nel periodo del dopoguerra. Tra i materiali conservati nell’Archivio si trovano anche i risultati dell’attività di ricerca sul procedimento della solarizzazione su negativo che suscitò grande interesse in campo internazionale e che ha caratterizzato emblematicamente il suo lavoro.
La produzione fotografica di Finazzi esprime la volontà di “smaterializzare” l’immagine, di evidenziarne l’estetica, al di là del soggetto; anche nel tema del nudo, trattato con interesse dal fotografo, emerge l’intenzione di privare il corpo della sua
materialità, tentativo raggiunto proprio attraverso la tecnica della solarizzazione. Una tecnica trasgressiva, ma squisitamente
fotografica che permette di ottenere una demarcazione accentuata del
disegno, ai limiti del chiaroscuro tra negativo e positivo, creando un segno “a filo di ferro”, una procedura che supera, anzi utilizza l’”errore” tecnico della sovraesposizione. Finazzi definiva tale tecnica
hot-line, ottenuta solarizzando in negativo e sistemandolo poi in un sandwich con il corrispondente diapositivo “a registro”, per ottenere un effetto lontano dal “verismo rappresentativo”, e che quindi esprima meglio la “personalità nascosta delle cose rappresentate”. La scelta in quegli anni di questa tecnica esprimeva anche una tensione verso l’astrazione.
“Il talento fotografico di Mario Finazzi è infatti fissato esplicitamente nelle sue immagini, frutto di una intensa e inesauribile sperimentazione, che lo pongono in primo piano nella storia della fotografia europea del Novecento, nel superamento delle diatribe e delle ideologie che hanno caratterizzato gli anni della sua felice esistenza di studioso e di fotografo.” (I. Zannier)
Considerato il valore culturale internazionale dell’Archivio, la GAMeC, ha da tempo manifestato interesse per i suoi materiali svolgendo un’attività di studio e di pubblicazione e contribuendo alla loro valorizzazione.
Mario Finazzi (Chiuduno, Bergamo 1905 – Bergamo 2002)
Fotografo e teorico, è figlio del collezionista Giovanni Finazzi, appassionato di opere dell’ottocento lombardo, con una particolare predilezione per quelle di Giovanni Carnovali, il Piccio e di artisti del novecento italiano. Mario Finazzi ottiene numerosi riconoscimenti e partecipa a molte esposizioni nazionali ed internazionali di fotografia: il XXXI Salon International d’Art Photographique a Parigi nel 1936; The Seventeen Annual Competition of American Photography a Boston nel 1937; la VI Internazionale Foto-Kongress Ausstellung a Vienna nel 1938; nel 1939 l’XI International Fotosalon di Antwerpen, il Salon International d’Art Photographique a Bruxelles, la Quinta Esposizione Italiana d’Arte Fotografica a Torino organizzata dall’A.F.I. (Associazione Fotografica Italiana) e, nello stesso anno, la VI Mostra Biennale Internazionale di Fotografia Artistica a Torino. Nel 1994 prende parte alla mostra
Italian Metamorphosis 1943-1968 a cura di Germano Celant al Guggenheim Museum di New York.
Nel numero di “Note fotografiche” del 1939 - rivista diretta da Alfredo Ornano -, Finazzi pubblica un ritratto di “Contadina”, dalla forte espressione, sostenuta da un contrasto chiaroscurale quasi “neorealistico”.
Nel 1942 Mario Finazzi, redattore editoriale presso l’
Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo - nel quale lavorò con influenza anche imprenditoriale - realizza l’album fotografico “8 fotografi italiani d’oggi” che preannuncia la nascita di un gruppo di fotografi, che in seguito si chiamerà
La Bussola, con l’intenzione, già palese nel titolo, di indicare una
direzione, ossia una formula estetica definita. Un libro di successo, molto pubblicizzato, e con un testo di Marziano Bernardi - critico d’arte piemontese, impegnato anche in campo fotografico.
Durante la sua lunga esperienza Finazzi ha sempre mostrato un’attenta consapevolezza culturale culminata nella costituzione nel 1947 a Milano del Gruppo
La Bussola, di cui fu teorico e che vide l’adesione di Federico Vender, Giuseppe Cavalli, Ferruccio Leiss e Luigi Veronesi. Il Gruppo sintetizza in concreto, ossia nelle immagini, la discussione di profilo estetico, di quegli anni cruciali per la fotografia italiana caratterizzati dal passaggio epocale, dal pittorialismo al
modernismo. Il “manifesto” ideologico del gruppo, pubblicato nella rivista “Ferrania” a maggio dello stesso anno, venne inteso allora come una “aggressione” al fotogiornalismo e in particolare al neorealismo amatoriale, che aveva grande successo nelle rassegne del tempo. Il “formalismo” del Gruppo
La Bussola fu, invece, stimolante specialmente nel sollecitare una lettura “estetica” della fotografia, indipendentemente dall’impatto sociologico. Nel Gruppo, comunque, si coalizzarono e sintetizzarono tutte le vecchie istanze sviscerate, sino dai primi anni Quaranta, nel dibattito
underground dei fondatori. Tutto il “manifesto” rivelava un concetto crociano, idealistico, dell’arte, ideologicamente contestato in nome di un’arte di denuncia, come tendeva ad essere quella espressa nella cultura neorealista, in tutte le arti, in primis la letteratura e il cinematografo, anche se sia Finazzi sia Cavalli affrontarono, negli ultimi anni della loro attività fotografica, anche i temi sociologici, come risulta da alcune immagini di un solare e “primitivo” Sud d’Italia.
La Bussola fu a lungo un sodalizio d’èlite, decisamente e programmaticamente esclusivo, fino a quando Cavalli non ebbe l’idea fertile di promuovere un altro nucleo, il “Misa”, aperto anche ai giovani di talento, come Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi, Alfredo Camisa, Gianfranco Ferroni, e pochi altri, tra i quali Moeder, Salani, Pellegrini, Ferri, Simoncelli, Novaro, Camici, Giovannini, Malvagia, Parmiani.
Nel 1950, nel pieno successo del sodalizio, e del vivace dibattito animato da
La Bussola sull’estetica della fotografia, la Rivista “Camera”, ritenuta allora la più significativa sulla fotografia, non soltanto in Europa, diretta da Romeo Martinez -
guru e “confessore” dei fotografi parigini e degli italiani Paolo Monti, Fulvio Roiter o Gianni Berengo-Gardin -, dedicava grande spazio a questi fotografi, consacrandoli definitivamente a livello internazionale.
Al Gruppo venne dedicata nel 1997 una rassegna ospitata a Palazzo Rucellai di Firenze nel Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, accompagnata dal catalogo “Forme di luce”. Finazzi, in quell’anno, era ancora nel pieno del suo appassionato e rigoroso percorso, pronto alle precisazioni filologiche che consentirono a precisare un’importante parte di storia della fotografia italiana.
Inaugurazione: mercoledì 5 aprile 2006
orari:
martedì - domenica: 10 - 19
giovedì: 10 - 22
lunedì chiuso
Informazioni:
GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea
via San Tomaso, 53
24121 Bergamo
tel. +39 (0)35 399528 - fax +39 (0)35 236962
www.gamec.it