Il Sistema Zonale e le pellicole in rullo di Enrico Andreis
Di mauro (del 19/01/2007 @ 02:37:02, in Tutorial, linkato 2323 volte)
Sistema zonale
il metodo di lavoro messo a punto fin dagli anni “40 da Ansel Adams, che lo ha sviluppato e perfezionato partendo dagli studi sensitometrici di Hurtel e Driffield, finalizzato alle riprese singole su pellicola a lastra, è possibile e valido applicarlo alle riprese con rulli a più esposizioni, in cui è impossibile tarare lo sviluppo sul singolo fotogramma? O meglio, senza usare il banco ottico (impegnativo e “poco economico” anche se affascinante) possiamo godere dei vantaggi del metodo con i 12 scatti di un 6x6 o addirittura coi 36 delle comuni fotocamere 35 mm? Io credo che pur trattandosi di un uso limitato del S.Z. sia fattibile.
Innanzitutto, cos’è il SISTEMA ZONALE? Adams stesso lo definiva in questo modo:
“sistema zonale” un modo per capire l’esposizione e lo sviluppo e per visualizzarne gli effetti in anticipo. Superfici di luminosità diversa del soggetto si riferiscono ognuna a zone dell’esposizione, e queste a loro volta a differenti valori di grigio nella stampa finale; perciò, un’esposizione e dei processi di sviluppo accurati permettono al fotografo di controllare le densità del negativo e i corrispondenti valori di stampa che rappresenteranno specifiche superfici del soggetto, in concordanza con l’immagine visualizzata.
Abbastanza complesso, vero? Cercherò di spiegare (sperando di trovare le parole più chiare e più semplici): partiamo dalla pellicola, sappiamo bene che è impossibile registrare fedelmente tutta la scala dei valori di luminanza esistenti, ma solo un determinato “range” dallo scuro al chiaro. Adams nominò i valori di questo range come “zone” che vanno dalla I (nero assoluto) alla IX (bianco puro, in pratica la superficie della carta inesposta) tra questi due estremi, esistono naturalmente i valori in cui ci è ancora possibile percepire del dettaglio, e sono la zona II (parlando di sistema zonale ci si esprime in numeri romani) che è il primo tono più chiaro ottenibile dopo il massimo annerimento, la zona III: l’ultima ombra con dettaglio pieno (ombre sotto le siepi, capelli neri, ecc.). la zona IV: capelli castani, la parte in ombra di un viso al sole, ombre aperte nei paesaggi. La zona V: erba al sole, legno con venature. È la zona di grigio alla quale corrisponde il cartoncino di riferimento Kodak al 18%, zona sulla quale quindi sono tarati tutti gli esposimetri. Zona VI: la prima zona più chiara del grigio medio, dune di sabbia, cielo sereno a nord, pelle bianca illuminata. Zona VII: l’ultima alta luce con dettaglio, capelli biondi, cielo con nuvole chiare, legno con texture dipinto di bianco, vestiti chiari, neve. Zona VIII: l’ultima alta luce della quale si voglia rendere un’idea di sostanza: muri bianchi al sole, foglio di carta bianca illuminato. Tra una zona e l’altra, la differenza di densità sulla pellicola è esattamente di uno stop, o di un diaframma, se preferite; quindi le possibilità di registrazione di texture su un negativo in bianconero, vengono da Adams considerate in una scala di 7 diaframmi (o stop o valori luce che dir si voglia). Considerando quindi questa scala, avremo la possibilità con adeguato trattamento, di ottenere un negativo con tutte le informazioni possibili al suo interno. Questa la teoria “standard”, perché poi entra in gioco la previsualizzazione che rivoluziona abbastanza le cose e soprattutto la necessità di lavorare s più scatti da sviluppare insieme: infatti, abbiamo visto che per convenzione le varie zone hanno dei grigi significativi (la III ombra con dettaglio pieno, la V grigio medio dell’erba, la VIII muri bianchi eccetera) ma se noi assegniamo quei determinati valori ad altre zone, sapendo bene però la teoria sopra descritta, ecco che applichiamo la “previsualizzazione”, che significa avere bene in mente NON come è il soggetto, ma come sarà con la nostra interpretazione; quindi possiamo, se il nostro scopo è drammatizzare la foto, piazzare con l’esposimetro la zona V sul cielo con nuvole chiare, canonicamente determinato in zona VII, sapendo che poi nel negativo le ombre aperte dei paesaggi cadranno in zona II, e non in IV, quindi saranno praticamente quasi nere. Questo è il sistema che semplificando, senza cioè prendere in considerazione le variabili dello sviluppo può tornare utile per sfruttare il sistema zonale anche con le 36 esposizioni di un intero rullino. Un minimo di applicazione per capire la divisione in zone dei chiari scuri che abbiamo davanti all’obiettivo, e la buona conoscenza del valore di grigio medio al quale far corrispondere il grigio medio della nostra visualizzazione (non necessariamente quello della realtà) e naturalmente l’uso di un esposimetro spot per discernere le varie zone del soggetto tra di loro, dovrebbe aiutarci ad ottenere stampe appaganti per ciò che abbiamo visto con gli occhi della mente e vogliamo comunicare.
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