Italo Calvino
L'avventura di un fotografo
Ed.Einaudi,1958
Con la primavera, a centinaia di migliaia, i cittadini escono la domenica con l'astuccio a tracolla. E si fotografano. Tornano contenti come cacciatori dal carniere ricolmo, passano i giorni aspettando con dolce ansia di vedere le foto sviluppate (ansia a cui alcuni aggiungono il sottile piacere delle manipolazioni alchimistiche nella stanza oscura, vietata alle intrusioni dei familiari e acre d'acidi all'olfatto), e solo quando hanno le foto sotto gli occhi sembrano prendere tangibile possesso della giornata trascorsa, solo allora quel torrente alpino, quella mossa del bambino col secchiello, quel riflesso di sole sulle gambe della moglie acquistano l'irrevocabilità di ciò che è stato e non può esser più messo in dubbio. Il resto anneghi pure nell'ombra insicura del ricordo.
Frequentando gli amici e i colleghi, Antonino Paraggi, non-fotografo, avvertiva un crescente isolamento. Ogni settimana scopriva che alle conversazioni di coloro che magnificano la sensibilità d'un .diaframma o discettano sul numero dei din s'univa la voce di qualcuno cui fino a ieri egli aveva confidato, sicuro che li condividesse, i suoi sarcasmi verso un'attività per lui così poco eccitante e così priva d'imprevisti.
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